Il primo esperimento di lavoro nel metaverso è andato malissimo
Un team di ricercatori universitari ha lavorato nella realtà virtuale per una settimana, con risultati pessimi dal punto di vista fisico
Il metaverso può essere la prossima chiave di sviluppo anche per il mondo del lavoro. Dai colloqui alle riunioni, dai corsi di formazione agli uffici virtuali in cui rinchiudersi per trovare la concentrazione: sono tanti gli aspetti che possono essere sviluppati nel nuovo ambiente virtuale reso celebre soprattutto da Facebook, che ha deciso di ribattezzarsi Meta proprio per sottolineare lo sforzo dell’azienda di concentrarsi in questo settore. Se da un lato lo smart working ha infatti incentivato la flessibilità lavorativa, dall’altro ha reso più impersonali e “bidimensionali” gli incontri e i rapporti interpersonali. Una soluzione a questo potrebbe quindi arrivare dal metaverso, la cui tecnologia, essendo in grado di creare situazioni realistiche e tridimensionali in cui muoversi e interagire, aiuta a creare una maggiore umanità. Il problema è che questo futuro rischia di essere ancora tanto lontano dalla realtà visto che il primo tentativo di trasferire i lavoratori nel metaverso è stato un fallimento totale.
Nausea, ansia e frustrazione, ma perché?
Dei 18 dipendenti di alcune università in Europa – tra Germania, Slovenia e Regno Unito – che hanno partecipato all’esperimento, due persone hanno interrotto dopo poche ore, mentre gli altri hanno riferito di sentirsi più frustrati e ansiosi. Lo studio puntava a capire gli effetti del lavoro nella realtà virtuale sul lungo periodo rispetto alle stesse attività nel mondo reale. I ricercatori hanno chiesto ai volontari di trascorrere cinque giorni da 8 ore nell’ufficio virtuale, al termine dei quali hanno ripetuto lo stesso test tornando fisicamente nelle aule universitarie. Non era richiesto nessun compito specifico: semplicemente dovevano fare il loro lavoro utilizzando gli stessi strumenti che avrebbero trovato nei rispettivi laboratori di ricerca. Due dei partecipanti si sono ritirati nel giro di poche ore, lamentando nausea, ansia ed emicrania; mentre gli altri hanno riferito di essersi sentiti peggio: rispetto all’ufficio tradizionale hanno lamentato un 42% in più di frustrazione e un 48% in più di affaticamento agli occhi. E si sono sentiti meno produttivi e più ansiosi con un calo del benessere stimato in media al 20% tra la settimana passata nel metaverso rispetto a quella reale.
Che cosa non ha funzionato e cosa cambierà
Insomma, molti dei lati negativi possono essere corretti dallo sviluppo della tecnologia e da quanto riusciremo ad abituarci presto ad indossare il visore per tante ore consecutive. Anche perché i singoli partecipanti non hanno escluso a priori la voglia di continuare l’esperienza nel metaverso nonostante le sensazioni non confortanti, sottolineandone la versatilità e le potenzialità in termini di ricerca. «Nel complesso, questo studio aiuta a gettare le basi per le ricerche future sul metaverso, evidenziando le attuali carenze e identificando le opportunità per migliorare l’esperienza di lavoro in realtà virtuale. Ci auguriamo che questo lavoro possa stimolare altri ricercatori sul lavoro a lungo termine in VR», scrivono i ricercatori dell’Università di Coburg in Germania, dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, dell’Università di Primorska in Slovenia e di Microsoft.
FONTE: .gqitalia